L’IMMAGINE CHE RACCONTA: LA FOTOGRAFIA COME STRUMENTO DI NARRAZIONE NELLA CURA
La “vera” fotografia ha la capacità di risuonare nell’animo umano suscitando profonde emozioni e creando suggestioni che svelano segreti. Le immagini sono in grado di indurre riflessioni sulle nostre storie personali e sulla nostra identità, sul modo che abbiamo di guardare il mondo e ci permettono di osservare l’altro con occhi diversi e maggiore consapevolezza. In questo webinar, attraverso l’obiettivo dei fotografi che incontreremo, metteremo a fuoco alcune sfumature delle fragilità e vulnerabilità che ci circondano, con le quali veniamo quotidianamente in contatto.
Per sperimentare una narrazione per immagini profondamente trasformativa la SIMeN aveva pensato di coinvolgere il grande fotografo Gianni Berengo Gardin che con entusiasmo aveva accolto la proposta di raccontarci del progetto con il quale ha accompagnato e sostenuto la Legge Basaglia, che ritroviamo in “Lotta di classe” e in “Manicomi”. Si tratta di uno dei suoi lavori più noti e significativi e lo avrebbe certamente condiviso con noi con la passione che ha contraddistinto l’intera sua esistenza.
Purtroppo la sua scomparsa, avvenuta a inizio agosto, ci ha tristemente privati di questa straordinaria opportunità d’incontro.
Per mantenere fede alla promessa fatta dal padre Gianni, Susanna Berengo Gardin sarà ospite di SIMeN e darà voce all’esperienza professionale e umana, testimoniando l’impegno sociale di questo indimenticabile protagonista e Maestro della fotografia italiana.
“La fotografia non cambia le cose. Ma può cambiarci.
E allora qualcosa può cominciare a cambiare davvero.”
Gianni Berengo Gardin
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GIANNI BERENGO GARDIN E LA SIMeN
di Mario Cerati.
Quando si ha la fortuna di incrociare certi personaggi non si sa bene come comportarsi. Ma i veri grandi personaggi in questo ti aiutano e Gianni Berengo Gardin lo era. La sua sincera immediatezza, la propensione all’ascolto, lo sguardo che aveva lampi ora divertiti, ora di grande concentrazione, come quando ricordava, hanno reso subito facile la relazione con lui.
Non gli dava fastidio parlare di se stesso e del suo lavoro, ma quando ho accennato alla medicina narrativa e a cosa si muoveva intorno è stato subito sinceramente interessato e colpito.
E nel momento in cui, parlando di umanizzazione della medicina, ho fatto riferimento a come un pilastro di questa sia stato il suo lavoro sui manicomi, quasi si è sorpreso. Credo che ampia fossa la sua consapevolezza sulla portata sociale del libro/reportage costruito insieme a Carla Cerati (no, non è mia parente, purtroppo), ma forse non aveva ma preso in considerazione quel lavoro come antesignano del tipo di sguardo che tutto il mondo medico, non solo quello dei malati di mente, dovrebbe avere nei confronti della malattia e dei malati.
Quando ho avuto il coraggio di proporgli di centrare uno dei nostri incontri su di lui e sul potere che la fotografia poteva avere sui percorsi di cura, ha subito accettato entusiasta.
E quest’estate, stavo proprio scrivendo a lui e a sua figlia Susanna, curatrice del suo archivio, una mail per annunciare gli altri relatori e cominciare a scendere nei particolari, quando è arrivata la notizia.
La grande tristezza che ci ha preso non è solo per non aver avuto il tempo di poter accedere a un Maestro illuminante. Quando si perdono persone che sanno farci vedere la realtà intorno a noi risvegliando i nostri sensi e le nostre coscienze, soprattutto in questo difficile periodo, diventiamo tutti un poco più poveri. E la scomparsa del grande Gianni Berengo Gardin, anche in questo senso, lascia un vuoto grande. Ma certamente le sue fotografie rimangono ad accompagnare la parte buona di noi, sollecitandola a mostrarsi.
E non si può che essere pieni di gratitudine per la Figlia Susanna, che malgrado il dolore della perdita, ha acconsentito a portarci nel percorso fatto da Papà, per aiutarci, come nessun altro potrebbe, ad entrare nel suo mondo….che poi è un po’ il mondo di tutti.



