ARTICOLI In questa sezione, gli articoli si concentreranno su medicina narrativa, medical humanities ed etica della cura. Analizzando studi pubblicati su riviste scientifiche autorevoli, si tenterà di offrire un punto di partenza per un dialogo interdisciplinare che coinvolga tutti i professionisti della salute. L’obiettivo è contribuire alla costruzione di una pratica clinica più completa e personalizzata, che valorizzi sia l’efficacia degli interventi che la dimensione umana dell’esperienza di malattia
di Massimiliano Marinelli 14 ottobre 2025
NARRARE E COMPRENDERE

Dossier “Narrare e comprendere” Rivista Dialoghi (Anno XXV, n. 99, Luglio-Settembre 2025)
Premessa
Dialoghi, il trimestrale culturale promosso dall’Azione cattolica italiana, ha pubblicato nel numero di luglio-settembre il dossier “Narrare e comprendere”: un contributo di alto livello e di grande rilevanza per tutti coloro che a diverso titolo operano nella samità. Il lavoro curato da Pina De Simone e Donatella Pagliacci esplora la funzione essenziale e complessa della narrazione, elevandola da semplice atto comunicativo a strumento ermeneutico, etico e terapeutico.
Il filo conduttore del dossier si snoda lungo una parabola chiara: narrare per comprendere e per comprendersi, per imparare ad aver cura. Gli Autori e le Autrici sottolineano, fin dall’introduzione, come la narrazione sia intrinsecamente legata all’identità umana e alla condizione temporale dell’esistenza (richiamando Paul Ricoeur). Il processo del racconto permette di dare un ordine alle cose, di ricomporre frammenti sparsi e di conferire senso anche a ciò che appariva insensato. importante è la tesi che quando la narrazione sgorga dalla profondità dei vissuti e ci si lascia toccare da essa, la comprensione che ne deriva si trasforma in cura.
una estrema sintesi
Il dossier si sviluppa attraverso contributi che spaziano dalla riflessione filosofica e teologica all’analisi delle dinamiche sociali e, specificamente, sanitarie:
1. Narrazione, identità e cura di sé
Il lavoro di Iolanda Poma (Narrarsi. L’autobiografia come forma di cura di sé) offre una prospettiva filosofica profonda sulla funzione curativa del racconto personale. L’autobiografia viene presentata, in modo paradossale, come una scrittura anti-egologica. Attraverso il lavoro di autointerpretazione insito nell’atto del narrarsi, il soggetto giunge alla consapevolezza che l’identità non è un possesso stabile, ma è strutturalmente alterata. La guarigione, in questo senso, è la liberazione dall’illusione di una gestione padronale della vita. L’identità è, per citare Ricoeur, un’identità narrativa, viva e dinamica, intessuta dal tempo e dall’alterità.
Analogamente, Annalisa Caputo (Riconfigurare le storie) non si limita a celebrare la narrazione, ma ne esplora la struttura fenomenologica e la necessità antropologica, elevandola al rango di bisogno vitale, paragonabile al “respirare la verità delle storie buone”, al cibo e al vestito.
La tesi centrale è che l’essere umano è un “essere narrante” e possiede un’“identità narrativa”. La vita, spesso percepita come un confuso “insieme di fili aggrovigliati”, trova la sua forma e il suo senso solo attraverso l’atto narrativo. In un’immagine suggestiva, Caputo paragona il narratore a un “tessitore”, la cui abilità non consiste solo nel selezionare i fili, ma nell’arte fondamentale del discernimento, che è la chiave per dare ordine al caos e creare una “trama” (intreccio). Un aspetto cruciale è il rifiuto di una narrazione idealizzata: i “fili neri”—il male, la morte, il dolore—non interrompono la trama, ma la integrano, fornendo “spessore”. Il discernimento, quindi, non è un esercizio astratto, ma una “narrazione concreta”, un atto che rende significativo “ogni filo” dell’esistenza.
Annalisa Caputo si spinge oltre la dimensione individuale per abbracciare l’orizzonte etico e relazionale. L’identità narrativa, infatti, “non è mai senza l’altro”. . Attraverso l’ascolto attivo e lo scambio di vissuti, si realizza la “tessitura del noi”, un passaggio essenziale dal piano personale a quello comunitario.
2. Narrazione, conflitto e giustizia
Carla Danani (La narrazione nell’incontro di storie spezzate dalla violenza) evidenzia la necessità di un contesto adeguato perché la narrazione possa affrontare eventi traumatici che hanno spezzato la continuità temporale del sé. La verbalizzazione è importante per reintegrare l’evento traumatico in un ordine simbolico-linguistico, aiutando il soggetto a ritrovare il senso di agency. Affinché la narrazione sia uno spazio di incontro positivo, deve essere istruita dall’imperativo di giustizia. L’esperienza della Truth and Reconciliation Commission (TRC) in Sudafrica è presentata come modello di spazio narrativo che ospita diverse istanze di verità: in particolare, la “verità personale” e la “verità curativa e analettica”. Centrale in questo processo è il riconoscimento (acknowledgement), che afferma pubblicamente che il dolore di una persona è reale e meritevole di attenzione, condizione essenziale per il ripristino della dignità delle vittime.
3. Narrazione e comprensione del reale
Il Forum (Da che punto narri il mondo) e il contributo di Marco Tibaldi (Come e perché leggere i racconti della Bibbia) mettono in luce come la narrazione sia fondamentale per la lettura della realtà. Lucia Capuzzi, da giornalista, afferma che il senso più profondo del suo mestiere sta nelle “storie per catturare frammentati della Storia”. Resistendo al fascino narrativo di ogni guerra, il cronista ha il compito di dare dignità di racconto a quanti la guerra sono costretti a sperimentarla senza avere scelta, tentare di svelare i meccanismi che la causano e alimentano, privandola dell’aura di ineluttabilità. Tibaldi, concentrandosi sui testi biblici, evidenzia che la narrazione è la forma prevalente con cui la Scrittura si avvale e che, per essere compresa, deve essere letta nella sua interezza (evitando letture parziali o letterali che ne uccidono il senso).
Lorenzo Zardi, infine, analizzando la narrazione sui social media, solleva l’urgente necessità di distinguere tra narrazione autentica (che aiuta a comprendere la realtà in un orizzonte comunitario) e storytelling (il tentativo di vendere un prodotto attraverso una storia, spesso assorbito dal capitalismo).
4. Fenomenologia delle Narrazioni Cliniche
La sezione conclusiva del dossier, firmata da Massimiliano Marinelli (Fenomenologia delle narrazioni nella relazione di cura), pone l’accento sulla necessità strutturale della medicina narrativa. L’Autore analizza l’incontro di cura come la coabitazione di narrazioni intrinsecamente diverse. Da un lato, c’è la struttura narrativa scientifica del “corpo riprodotto” (Körper o disease), autoesplicativa, immanente e che tende a tagliare fuori storia e patire. Dall’altro, c’è la funzione narrativa del paziente (illness), che esprime l’identità narrativa, i progetti di vita e le responsabilità che danno senso all’essere-nel-mondo.
Il momento della comunicazione della diagnosi impone al medico un salto cognitivo per riconoscere la presenza di una narrazione altra. La medicina narrativa funge da ponte ermeneutico, integrando queste due narrazioni e instaurando la dialettica tra spiegazione e comprensione, restituendo così alla relazione terapeutica la reciprocità e il riconoscimento che ne sono il fondamento.
Un commento
Il dossier “Narrare e comprendere” rappresenta una risorsa preziosa per la Medicina Narrativa (MN) in quanto offre un solido impianto teorico e fenomenologico che ne giustifica l’applicazione clinica, andando oltre la semplice acquisizione di tecniche comunicative. I seguenti aspetti sono particolarmente rilevanti per gli operatori sanitari:
- Fondamento epistemologico della MN: la MN non è un “ornamento umanistico”, ma una necessità strutturale per la sanità. La MN ha il compito di integrare la narrazione scientifica del disease (il corpo riprodotto) con la funzione narrativa dell’illness (l’esperienza vissuta dal paziente), ricercando una riconciliazione tra queste due strutture che tendono a separarsi.
- Il potenziale terapeutico della narrazione: Viene riconosciuto chiaramente il potenziale terapeutico del narrare, specialmente nel ricomporre “biografie spezzate”. Iolanda Poma sottolinea come il narrarsi sia una forma di cura di sé che porta il soggetto alla consapevolezza di un “non-possesso” di sé, liberandolo dall’illusione di auto-sufficienza. Questo è fondamentale per una visione olistica della guarigione.
- Etica della relazione e riconoscimento: La narrazione, secondo Carla Danani, deve essere intesa come spazio che fa giustizia e che si costruisce sul reciproco riconoscimento. Questo imperativo etico è il fondamento di ogni autentico incontro di cura. La relazione terapeutica deve superare il rischio che la struttura narrativa scientifica (il corpo riprodotto) generi una carenza di empatia escludendo la storia personale del paziente.
- Narrazione e trauma: La riflessione sul trauma (Carla Danani) fornisce un modello applicabile ai contesti di patologia cronica o eventi clinici che frammentano l’esistenza. L’obiettivo è perseguire una “verità analettica”: curativa e riparatrice (come nel caso della TRC) che affronta il passato con l’obiettivo esplicito di poter procedere verso il futuro e colloca i fatti e il loro significato nel contesto delle relazioni umane. Si tratta in fondo della dimensione della narrazione che non cerca solo la conoscenza forense o legale dei fatti, né la verità personale, ma quella verità che è essenziale per la guarigione, la riconciliazione e la riparazione di esistenze e comunità traumatizzate
il dossier fornisce le coordinate intellettuali per sostenere che la competenza ermeneutica – la capacità di leggere e interpretare i diversi “testi” che compongono l’esperienza della malattia – è una qualità essenziale per i professionisti della salute, non solo per migliorare la comunicazione, ma per realizzare un incontro di cura autenticamente umano.
Si invita alla lettura integrale della monografia dialoghi che può essere ricercata cliccando il seguente link
Bibliografia
De Simone, P., & Pagliacci, D. (A cura di). (2025). Narrare e comprendere [Dossier]. Dialoghi, 25(99).
Il dossier “narrare e comprendere” fa ampio riferimento alla figura di Paul Ricoeur per cui si rimanda il lettore ai seguenti testi:
per il tema del riconoscimento e della memoria
Ricoeur, P. (2005). Percorsi di riconoscimento. Raffaello Cortina Editore.
Ricoeur, P. (2004). Ricordare, dimenticare, perdonare. Il Mulino.
per il tema dell*’identità narrativa* e del rapporto costitutivo con l’altro
Ricoeur, P. (1993). Sé come un altro. Jaca Book
per il tema della narrazione e della “riconfigurazione”
Ricoeur, P. Tempo e racconto, Vol. I-II- III: Jaca Book.
