ARTICOLI In questa sezione, gli articoli si concentreranno su medicina narrativa, medical humanities ed etica della cura. Analizzando studi pubblicati su riviste scientifiche autorevoli, si tenterà di offrire un punto di partenza per un dialogo interdisciplinare che coinvolga tutti i professionisti della salute. L’obiettivo è contribuire alla costruzione di una pratica clinica più completa e personalizzata, che valorizzi sia l’efficacia degli interventi che la dimensione umana dell’esperienza di malattia
Massimiliano Marinelli Centro Studi SIMeN 6 giugno 2025
L’etica della cura nella pianificazione sanitaria
dall’articolo Davoudi S, Ormerod E (2025) ‘Care-full’ planning: Towards an ethics and politics of care in planning. Planning Theory

Premessa
L’etica della cura è un tema profondamente affine alla medicina narrativa, e questo blog è sempre aperto ad accogliere articoli che offrano spunti di riflessione. Abbiamo scelto questo particolare contributo perché mette in luce una correlazione illuminante tra l’etica della cura e la pianificazione urbana. Siamo convinti che questa prospettiva possa rivelare aspetti inediti dell’etica della cura, ricordandoci che la pianificazione riguarda anche gli spazi e i luoghi in cui la cura si svolge.
La pianificazione, nel suo senso più ampio, modella i nostri spazi, le nostre comunità e, implicitamente, le nostre vite. Sebbene le sue aspirazioni normative includano da tempo concetti come l’interesse pubblico, la creazione di luoghi migliori e la protezione dell’ambiente, uno studio recente di Simin Davoudi e Emma Ormerod, “‘Care-full’ planning: Towards an ethics and politics of care in planning“, evidenzia una sorprendente mancanza di attenzione esplicita al concetto di “cura” nella teoria e nella pratica della pianificazione. Questo “punto cieco intellettuale” offre spunti interessanti per ripensare la pianificazione nell’ambito sanitario.
Le radici della dimenticanza della cura nella pianificazione
La limitata attenzione esplicita alla cura nella pianificazione è, secondo gli autori, una sfortunata eredità di visioni positiviste e del loro allineamento con teorie morali razionaliste. In queste prospettive dominanti, la cura è stata spesso declassata alla sfera privata-domestica e associata alle emozioni considerate “femminili”, mentre la giustizia è stata elevata alla sfera pubblica-politica, legata alla ragione “maschile”. La presunta universalità, oggettività e razionalità della giustizia sembrano aver eclissato la particolarità, soggettività e relazionalità della cura (Marinelli, 2015 pp.132-139).
Tuttavia, questa marginalizzazione contrasta con le origini stesse dei sistemi di pianificazione nei paesi occidentali, nati come parte integrante dello stato sociale, che cercava di “istituzionalizzare un’etica della cura all’interno delle società di mercato” e creare “enclave di cura”. Nonostante questa radice, mentre concetti come “città giusta” e “pianificazione giusta” sono stati ampiamente dibattuti, l’impegno esplicito con idee come “città che cura” e “pianificazione attenta alla cura” (care-full planning) è rimasto limitato.
Le teorie morali razionaliste, da Kant agli utilitaristi, si basano su principi astratti e universalmente applicabili, privilegiando la ragione e il calcolo (come la “massima felicità per il massimo numero”) rispetto a sentimenti ed emozioni come l’empatia e l’attenzione. Queste visioni tendono a considerare il beneficiario come un “altro generale” piuttosto che un “altro concreto“. Critiche femministe hanno evidenziato come queste prospettive ignorino o svalutino le emozioni, considerate fonti di distorsione, perpetuando una visione dualistica che relega la cura agli spazi privati e la separa dalla morale pubblica.
L’etica della Cura.
L’etica della cura è emersa proprio dalle teorie femministe per sfidare queste prospettive. Nata dal lavoro di Carol Gilligan, contrapposto al modello di sviluppo morale di Kohlberg, (Marinelli, 2015 pp. 121-126) l’etica della cura propone una “voce differente” che centra lo sviluppo morale sulla comprensione della responsabilità e delle relazioni, piuttosto che su diritti e regole. I suoi tratti distintivi includono: particolarità e situazionalità anziché universalità e astrattezza, e si manifesta come una pratica piuttosto che un insieme di principi. Si focalizza sulle esperienze quotidiane e sui problemi morali delle persone reali.
Questo approccio contestuale risuona con le critiche alla giustizia universalista che chiedono un “giudizio etico situato”. Tuttavia, l’etica della cura va oltre, prestando attenzione al ruolo dei sentimenti e delle emozioni nel giudizio etico. L’obiettivo principale non è confinare la cura alla sensibilità femminile, ma riconoscerla come l’essenza di ciò che ci rende umani.
Si è già segnalato nella breve recensione di una parte del libro Nel segno della cura del bene come la cura sia una forma di protezione e promozione della vita umana nella sua fragilità costitutiva, in una prospettiva relazionale capace di raccordare la trama dei rapporti corti alla rete dei rapporti lunghi che investono le forme della convivenza ( Alici, Pierosara, 2022, p.16) (Danani, 2022 p. 215).
“Essere premurosi” e “praticare la cura”.
Per inserire l’etica della cura nella pianificazione, gli autori propongono un quadro concettuale con due categorie interconnesse: “essere premurosi” (care-full planners) e “praticare la cura” (care-full planning). La prima si riferisce all’etica della cura a livello individuale – le relazioni etiche, affettive e intersoggettive di “preoccuparsi per” (caring about) e “prendersi cura di” (caring for). La seconda riguarda la pratica della cura a livello collettivo/istituzionale – le relazioni politiche, sociali e istituzionali del “dare cura” e “ricevere cura”.
“Essere premurosi” implica un’attitudine, una disposizione, una virtù – un’abitudine mentale a prendersi cura. Questa responsabilità etica è assunta, non scelta razionalmente. Diversamente dalla giustizia basata sull’obbligo, la cura è un’etica basata sulla responsabilità, profondamente relazionale. La domanda morale centrale per chi è “premuroso” non è “Cosa devo, se non altro, agli altri?”, ma piuttosto “Come posso soddisfare al meglio le mie responsabilità di cura?” verso persone, luoghi e il pianeta.
Un percorso produttivo per rispondere a questa domanda è l’attenzione (attentiveness). Non si tratta di semplice “prestare attenzione”, ma di un’attenzione attiva che crea spazio perché gli altri entrino e le relazioni prosperino. Richiede sospendere i propri pensieri e riconoscere l'”alterità dell’altro”. Questa attenzione agli altri è il primo passo necessario verso il dare cura.
“Praticare la cura” si scontra con le tensioni, il potere e la politica del mondo reale. È il passaggio dall’etica individuale all’azione collettiva e istituzionale. Questo richiede l’integrazione di giustizia e cura, non solo per motivi pragmatici ma anche etici. La cura senza giustizia può diventare parrocchiale, paternalistica e portare a “irresponsabilità privilegiata”, dove chi è in posizione di privilegio ignora le difficoltà altrui. La giustizia senza cura, d’altra parte, rischia di trascurare o ignorare le ingiustizie situate e le esperienze vissute dalle persone. Una visione morale integrata che unisce giustizia e cura è essenziale.
Le decisioni cliniche
Facciamo una breve pausa dalla sintesi dell’articolo per approfondire un aspetto essenziale per la medicina narrativa: l’integrazione di giustizia e cura, specialmente nel contesto delle decisioni cliniche. Questa necessità di integrazione infatti, non riguarda solo la pianificazione, ma si rivela fondamentale nelle decisioni cliniche, dove la “bioetica dei principi”—che si concentra su giustizia, autonomia, beneficenza e non maleficenza—e l’etica della cura—che enfatizza relazione, responsabilità e attenzione—devono coesistere.
E’ una integrazione che parte dalla singolarità di ogni relazione di cura e si arricchisce della riflessione bioetica sui principi, portando, con il contributo essenziale del paziente, alla decisione più appropriata per quel particolare contesto. Non si tratta di una semplice somma di elementi, ma di un processo che riconosce ogni decisione clinica come unica, considerando il paziente nella sua individualità, con le sue esperienze, bisogni e valori specifici. I principi della bioetica, in questo senso, forniscono una cornice generale e universale, assicurando che le decisioni siano eque, coerenti e basate su standard etici condivisi. L’equilibrio tra l’attenzione alla singola persona e la necessità di equità è reso possibile proprio da questa integrazione.
Infine, il contributo attivo del paziente nel processo decisionale è essenziale. La “decisione più giusta in quel contesto” emerge dal dialogo tra il professionista sanitario, che offre la sua conoscenza clinica e il quadro etico, e il paziente, che condivide la sua esperienza e i suoi valori. In sintesi, integrare l’etica della giustizia (espressa nella bioetica dei principi) e l’etica della cura significa considerare sia i principi universali di giustizia ed equità, sia la specificità di ogni relazione di cura. Significa bilanciare razionalità e oggettività con empatia e attenzione, e soprattutto, coinvolgere attivamente il paziente per raggiungere la decisione più adatta alla sua situazione, un’idea che affonda le radici nel concetto di “phronesis”, la saggezza pratica dell’antica Grecia che guida le decisioni giuste in contesti specifici.”
Si condivide la necessità di tale integrazione, infatti, non solo nella pianificazione, ma,
Conclusioni
Muovere verso una pianificazione sanitaria più attenta alla cura è una sfida, specialmente negli attuali contesti che tendono a svalutare la cura, a privilegiare l’individualismo e a focalizzarsi su metriche misurabili a scapito di aspetti preziosi ma meno quantificabili come l’empatia e la compassione. Tuttavia, come suggerisce Tronto (2017), non possiamo rinunciare a essere premurosi e a praticare la cura.
La chiamata a una pianificazione “care-full” è, quindi, anche una chiamata a riconoscere la profonda responsabilità che abbiamo nelle decisioni, una responsabilità che non può essere trascurata da principi astratti o procedure burocratiche. Nel contesto sanitario, ciò significa insistere sulla centralità del paziente non come “altro generale” statistico, ma come individuo con una storia e bisogni concreti, un “altro concreto”. Questa attenzione sociale verso gli ultimi ha animato tanto la nascita del servizio sanitario italiano, quanto la scelta di essere un professionista della salute, ed è un elemento essenziale per garantire cure adeguate e rispettose.
Lo studio di Davoudi e Ormerod ci invita a reimmaginare l'”anima” della pianificazione. Estendendo la loro riflessione alla pianificazione sanitaria, emerge l’opportunità di superare la dicotomia tradizionale tra giustizia e cura, integrandole in una visione morale unica. Abbracciare esplicitamente l’etica della cura nella pianificazione sanitaria significa riconoscere il ruolo fondamentale delle relazioni, della responsabilità, del contesto e delle emozioni.
Questo non solo può arricchire il campo della pianificazione sanitaria, ma soprattutto può contribuire a creare spazi e servizi che non siano solo tecnicamente efficienti ed equamente distribuiti, ma che siano profondamente umani, attenti e capaci di rispondere alla complessità e all’incertezza intrinseche dell’esperienza di malattia e guarigione. Un approccio che risuona profondamente con la vocazione della Medicina Narrativa a porre la persona e la sua storia al centro del percorso di cura.
Bibliografia
Alici, L., & Pierosara, S. (2022). Invito alla lettura. In L. Alici & S. Pierosara (Eds.), Riduzionismo e complessità: ritrovare l’umano, umanizzare la cura. Aboca.
Danani, C. (2022). Tra passività e attività: perché distinguere tra dolore e sofferenza. In C. Danani, D. Pagliacci, & S. Pierosara (Eds.), Nel segno della cura del bene. EUM Edizioni università di Macerata
Davoudi S, Ormerod E (2025) Care-full’ planning: Towards an ethics and politics of care in planning. Planning Theory online first: 1–20. open access
Tronto J. C. (2017) There is an alternative: homines curans and the limits of neoliberalism. International Journal of care and caring 1(1): 27–43.
Per approfondire
Per un confronto sintetico tra le posizioni dell’etica della Cura e dell’etica della Giustizia cfr Marinelli, M. (2015). Trattare le malattie curare le persone: Idee per una medicina narrativa. FrancoAngeli.
Per uno sguardo complessivo sul prisma della cura, si raccomanda la lettura delle opere di Luigina Mortari ecco un elenco di quelle più significative:
Mortari, L. (2006). La pratica dell’aver cura. Bruno Mondadori,
Mortari, L. (2015). Filosofia della cura. Raffaello Cortina Editore,
Mortari, L. (2023). Sull’etica della cura. Vita e Pensiero,
e il testo collettaneo: Mortari, L. (a cura di). (2014). Fenomenologia della cura. Liguori Editore.