BIBLIOTECA.

La  sezione è dedicata alla creazione di un repertorio di testi fondamentali per l’approfondimento della medicina narrativa e delle medical humanities. L’obiettivo è fornire  a tutti coloro che si interessano al tema un punto di riferimento accurato e aggiornato. Attraverso la presentazione o l’analisi critica di opere seminali e di contributi più recenti, si intende tracciare un percorso di lettura che consenta di esplorare le diverse sfaccettature della medicina narrativa.

Premessa: si ringrazia la rivista Il Colloquio Clinico per la gentile concessione a ripubblicare questa recensione sul nostro sito.

 A cura di Tania Milletti

La postura narrativa – i modi di essere della cura

Ritengo un privilegio poter scrivere queste righe di presentazione del libro “La postura narrativa. I modi di essere della cura” di Paolo Trenta. Formatore di grande esperienza e sociologo, Trenta ha dedicato molti anni alla diffusione dei concetti della Medicina Narrativa in Italia, arrivando a coniare il termine “postura narrativa”, che da il titolo al libro. Questa locuzione rappresenta una metodologia clinica volta a rendere la cura del paziente sempre più personalizzata, rispondendo alle sfide attuali di un sistema sanitario in crisi sia organizzativa che valoriale. Nelle strutture di cura a tutti i livelli domina la logica prestazionale, con l’attenzione rivolta principalmente ai numeri. Questa logica ha mostrato e continua a mostrare i suoi limiti in termini di efficacia delle cure, nell’aderenza alle stesse e nel cosiddetto rapporto di fiducia tra curante e curato. Anche la scienza, pur portatrice di conoscenze e conquiste imprescindibili e sempre più approfondite, si scontra con i suoi limiti.

In questo contesto, la postura narrativa propone un approccio al paziente volto a contrastare i modelli organicisti e fondato su radici epistemologiche ben definite, descritte nella parte iniziale del libro. In questa prima parte, che tratta l’origine della cura e della Medicina Narrativa, viene posto l’accento sul passaggio da un ragionamento riduzionistico-meccanico sul corpo, e quindi centrato sullo studio delle sue parti, ad una concezione globale della persona nella sua unicità e diversità.

La salute è una “esperienza soggettiva e relazionale” nella quale curante e paziente sono in connessione e cooperazione. In questa modalità , entrambe le parti coinvolte sono fondamentali per il processo di cura. Non è più pensabile un rapporto ex cathedra tra medico e paziente; è invece necessaria una maggiore simmetria per considerare la migliore applicabilità  delle soluzioni cliniche nel mondo bio-psico-sociale della persona.

Inevitabilmente, la condizione di malattia grave determina una frattura esistenziale, un’esperienza totalizzante che altera il modo di essere nel mondo, dividendo la vita della persona in un prima  e un dopo. E’ difficile avvicinarsi al paziente in questa condizione profondamente umana. Paolo Trenta ci dimostra come sia possibile esserci, in un modo che sia acquisibile e ripetibile, nei vari contesti di cura. Nel secondo capitolo infatti si entra nel vivo della questione e viene definita la postura narrativa nelle sue specificità, come un modo di porsi nella cura che rispetti il mondo complesso di quel particolare paziente. Il quinto capitolo, invece, si concentra sull’aspetto clinico della postura narrativa, attraverso l’individuazione degli elementi che la compongono e i suggerimenti cui attenersi. Vengono esplorate capacità  come l’attenzione, con la sua momentanea sospensione del sé ;l’ascolto attivo, con le sue regole che coinvolgono tutti i sensi nel porsi di fronte all’altro; il dialogo, strumento diagnostico fondamentale costituito da uno scambio raffinato di parole che incidono nel rapporto con il paziente; e infine l’empatia, termine spesso inflazionato, che nella cura implica l’acquisizione di una attitudine ad incarnarsi nella prospettiva dell’ altro.

E’ così che nell’ambito della Medicina Narrativa, la postura si configura come un raffinato e concreto strumento diagnostico, che presuppone da parte di chi lo utilizza in ambito sanitario la disponibilità  a mettersi in gioco, a non lasciare fuori se stessi dal contatto con l’ altro bisognoso di cure. Rimanere distanti dalla sofferenza e dal mondo del malato è un’operazione impossibile, così come è impossibile non provare emozioni. Il sanitario, necessariamente, dovrà  sviluppare una attitudine all’incontro che non potrà prescindere dalla sua partecipazione attiva, purché in un contesto protetto e dove poter sperimentare una adeguata vicinanza-distanza. Si tratta di una prospettiva esistenziale in cui il coinvolgimento è inteso come occasione e non come effetto collaterale. Nella sua applicazione, anzi, emergono vantaggi economici legati all’appropriatezza delle cure, all’aumento della compliance dei pazienti, alla riduzione dei conflitti e, quindi, al raggiungimento di un maggiore benessere dei malati e degli operatori sanitari. Adattando la prospettiva del paziente, la cura diventerà  necessariamente più specifica ed efficace, come si può percepire dalle storie che occupano la parte finale del libro.

A tal proposito, il terzo capitolo desta particolare interesse poiché sancisce la centralità della narrazione nella vita umana, chiarendone le funzioni evolutive ed adattive. Nel contempo, però, introduce il concetto secondo cui “non tutto è narrazione”, sgombrando il campo da possibili equivoci o distorsioni. Solo le narrazioni con una propria trama e dotate di senso possono dirsi tali, e la competenza in tale ambito serve a discernere le narrazioni clinicamente efficaci da quelle addirittura dannose. Le narrazioni dell’ultima emozionante parte del libro provengono dalla mano degli operatori sanitari sul campo e fissano i concetti precedentemente esposti, mettendo a disposizione dei lettori la loro viva esperienza. Quest’ ultima parte del libro è nuovamente clinica, pratica ed esperienziale, e mostra come sia possibile, adottando una postura narrativa, giungere a diagnosi difficili e raffinate, superare i confini delle distanze con l’Intelligenza Artificiale, cogliere segnali e dettagli che consentano di creare soluzioni creative, efficaci e specifiche per situazioni cliniche complesse.

Paolo Trenta spende parole importanti anche sul futuro della Medicina Narrativa, esplorando le  sfide che si aprono all’orizzonte, sempre nel rispetto di un’ottica pratica che permea tutto lo scritto. Si fa riferimento ai progetti in essere, a quelli passati e alla postura narrativa digitale nella sfida della telemedicina, che ci vede tutti coinvolti nel futuro prossimo.

In definitiva, questo libro rappresenta un viaggio esistenziale e clinico che unisce una profonda riflessione filosofica sulla sofferenza umana a un approccio pratico applicabile nei contesti di cura. Le soft skills legate alla postura narrativa e che rinforzano l’importanza di una attenzione fenomenologica al malato, possono essere insegnate ed apprese a tutti i livelli, portando sia l’operatore sanitario che il malato ad una maggiore consapevolezza di sé stessi e ad un miglioramento della salute collettiva.

Testo a cura di Tania Milletti.

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Paolo Trenta – Mi presento

Sociologo di formazione, da sempre interessato ai temi della comunicazione, della intersoggettività, della cura intesa nel senso più esteso del termine. Appassionato di narrazioni in tutte le sue forme, letteratura, autobiografie, misery stories e narrazioni nelle pratiche di cura.
Ho privilegiato un approccio sistemico-costruttivista e ritengo la fenomenologia un metodo valido per “vedere l’altro”, cioè nello specifico della cura, per vedere la singola persona malata e non solo la sua malattia.
Ho diretto il Servizio Comunicazione e Formazione della ASL2UMBRIA, mi sono avvicinato alla medicina narrativa da più di 15 anni, sono stato socio fondatore di Simen, mi sono impegnato nella formazione di professionisti della cura per promuovere e diffondere sempre più la medicina narrativa come pratica di cura.